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Hanno ucciso l'internet


O forse il web ha ucciso noi?

La più straordinaria invenzione umana di tutti i tempi si sta ritorcendo contro di noi, e non lo avevamo previsto. Saremo in grado di difenderci, oppure ci assoggetteremo al suo volere?


Social network

Nato come mezzo di conoscenza universale, mezzo di comunicazione interpersonale, e mezzo di condivisione di idee e opinioni, ora è al 90% un ricettacolo di odio, bufale, frustrazione ed egoismo: ciò che non vogliamo, o non possiamo, dire a chi ci è accanto, lo urliamo alla rete sperando di ricevere qualche like tale da farci credere che i nostri pensieri siano condivisi da altre persone. Magari quel segreto che un tempo raccontavamo a nostro padre, a nostra madre, o al nostro migliore amico, chiedendo un parere da chi ci conosce forse meglio di noi stessi, adesso lo sbandieriamo al mondo intero incuranti delle conseguenze di un gesto tanto stupido (si pensi al caso Tiziana Cantone).

Immaginate di avere un'enciclopedia perennemente a portata di mano, sul nostro smartphone, in grado di rispondere ad ogni nostra domanda e fugare ogni nostro dubbio. Qual è la prima cosa che vi verrebbe di fare? Ma certo! Pubblicare in rete menzogne per prendere in giro il malcapitato di turno, e magari guadagnare anche qualche spicciolo extra. Così, un po' a causa dell'ingenuità di alcuni internauti, e soprattutto grazie alla bravura di tanti autori di articoli online, stupidaggini come "Il calamaro più grande del mondo spiaggiato in Sicilia" diventano virali. Ed ecco che il miglior mezzo da cui attingere informazioni, ed anche il più utilizzato, diventa d'un tratto fallato in ogni suo punto: tutti possono scrivere sul web senza essere censurati (un enorme passo avanti nella libertà di parola e di espressione) ma allo stesso tempo tutti possono spacciarsi intenditori di qualsiasi argomento. E fin quando abbiamo la supponenza di ritenerci grandi intenditori di politica, di calcio, di cucina, di musica, di arte e di fotografia va ancora bene, perché non rischiamo di far male nessuno (se non ci lasciassimo trasportare dall'impeto della "libertà di parola", iniziando ad offendere e ingiuriare liberamente chiunque la pensi diversamente da noi, sfociando a quel punto molto spesso in violenza psicologica), ma la preoccupazione maggiore è quando iniziamo a spacciarci per conoscitori della scienza, quando magari l'ultima volta che abbiamo sentito parlare di fisica e chimica è stata durante un'interrogazione al liceo (emblematico in questo senso il recente caso del dottor Burioni e la sua affermazione "La scienza non è democratica").


Il post del dottor Burioni su Facebook

Internet è stato ucciso dai nostri post, dalle nostra grida, e dalla nostra tuttologia. E di conseguenza quel web che voleva tenderci una mano, insegnarci qualcosa, e permetterci di dire qualcosa, ci ha ucciso con le nostre stesse mani. Tanto abbiamo fatto per guadagnarci la libertà di scrivere liberamente i nostri pensieri, e tanto stiamo facendo per vedercela togliere. Riecheggia nell'aria la questione del 72° (ora 77°) posto italiano per la libertà di stampa, come fosse una minaccia per chi fa informazione, quando poi si omette che questa bassissima posizione è dovuta proprio alle minacce che ogni giorno subiscono giornalisti di tutta Italia, costretti a scrivere per guadagnare, e non per amore della verità: nascono così i cosiddetti articoli acchiappa-click e i falsi siti di informazione (come non citare Il GioMale oppure Il Fatto QuotiDAIno) alla ricerca solo della monetizzazione facile e veloce a discapito dei tanti utenti che cercano informazioni veritiere sui social network.

Tutti siamo liberi di scrivere il nostro commento su Facebook, o su Youtube, ma guai a chi si permette di risponderci, perché la libertà è solo nostra, non di tutti. Ed è questa libertà?

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